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di certe amicizie

Ho scritto un post di venticinque righe sul perché non voglio andare a un aperitivo. L’ho cancellato perché alla fine la domanda è una sola e non importano i perché e i per come: come fai a dire a una persona che ti crede amica che in realtà non lo è e non c’hai tutta st’ansia di vederla? Intendo, come fai a dirglielo con tatto, perché senza tatto ho già pensato a mille e uno modi per farlo.

del padre (ennesimo)

Contatti interrotti da un anno e mezzo. Abbiamo cercato di fare una visita a sorpresa a mia madre per capire se ne teneva il cadavere nel freezer; nei 15 minuti più imbarazzati sulla terra non si è palesato, ma alcuni indizi avrebbero potuto lasciar intendere che era vivo, come la tazza da tè vuota sul tavolo; oppure mia madre a iniziato a bere tè, girandolo con un cucchiaino ricavato dalla sua mandibola che è nel freezer, magari anche quello. Quindi niente auguri, anche quest’anno. Come variazione sul tema posso dedicare dieci minuti prima del sonno a ricordare in silenzio le figure maschili, quelle che nei ricordi sono sempre alte alte e sempre girate di spalle, controluce, con quella linea dritta dritta interrotta dal collo che hanno solo loro, queste figure passate nella mia vita, che forse mi han dato qualcosa, in cui forse ho cercato qualcosa. Poi arriverà il sonno, e domani è un giorno come gli altri.