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del lavoro che nobilita, seconda parte

Quindi il risultato è che ho iniziato a fare colloqui. Ho inviato qualche candidatura su LinkeIn e Crebs, addirittura una da LavoriCreativi, e qualcuna spontanea. Sono due settimane che ho praticamente un colloquio al giorno, e grazie a dio avevo appena fatto l’abbonamento ai mezzi o adesso sarei povera per tutti i posti disparati di Milano in cui sono andata.
Il primo colloquio è stato in un’azienda che, attraverso uno squarcio del tessuto spazio-temporale, è arrivata direttamente dai primi anni 90; di peggio penso ci fosse solo andare programmare macchinari tessili in Visual Basic (se sei fortunato) a Biella. Il tizio ha affermato che avevano scelto di non seguire la bolla “internet”, e di avvicinarcisi ora che la “prima” (prima!!!!) ondata era passata. Oooook.
Il secondo colloquio è stato fissato in un bar. In. un. bar. Startup di un sito di corsi per la scuola online. I tizi che mi fanno il colloquio sono uno sbarbatello invasato ed un programmatore. L’invasato mi fa domande come “come credi che internet possa migliorare la scuola?”, “se non segui corsi, come pensi di poter lavorare per una startup come noi?”, “se non condividi la nostra visione del futuro, che valore aggiunto puoi dare all’azienda?” “ehm… il fatto di saper programmare bene?”. Il programmatore invece sembrava una persona interessante con cui trovarsi a lavorare. Quando dopo un migliaio di domande tecniche su come risolverei problemi che stanno cercando di risolvere (consulenza gratis) rendo chiaro che da contratto indeterminato quale sono, cerco un contratto a tempo indeterminato. E che non prendo poco. “ah, noi siamo tutti in partita iva, siamo una startup!”. Gli racconto che ci sono startup che mi hanno offerto indeterminati, e multinazionali enormi che fanno contratti a progetto per 10 anni, che è quindi una questione di scelte. E la mia scelta è: no partita iva, no progetto. E’ immorale, ed è illegale. La partita iva a datore unico è illegale. “Aspetta, aspetta! Non è illegale” “sì che lo è” “ma solo sopra i 19.000€ l’anno!”. Ehm… ooook. Arriviamo quasi a litigare su cosa è morale e cosa no, entra, paga i caffè, esce tutto sorrisi “comunque, se è solo una questione di contratto una soluzione si trova, mandaci una mail con la tua proposta”. Ovviamente, ho cancellato il loro indirizzo appena rientrata.
Terzo colloquio, autocandidatura in un’agenzia creativa, che è esattamente quello che cerco. Soluzione ideale: agenzia piccoletta comprata da multinazionale editoria, quindi tranquillità di grande struttura + staff piccolo e agile. Un paradiso. Faccio il colloquio con il project manager ma non c’è, forse per un imprevisto, la responsabile risorse umane. Finito il colloquio, mi dice: “eventualmente puoi tornare per parlare con lei?” “certo, quando volete” “ti faccio sapere allora domani”. Non li sento per una settimana, gli scrivo chiedendo news e spiegando che volevo dargli priorità ad altri colloqui visto che è l’ambiente che cerco, mi risponde che ha dei dubbi tecnici (che non aveva al primo colloquio) e che vorrebbe farmi un test. Oggi torno, aspetto mezz’ora buona prima che arrivi, faccio il test da 45 minuti in 10 minuti (anche perché ero già in ritardo grazie all’attesa), lo guarda, dice che è ok, e che i fa chiamare dalla solita tipa introvabile entro domani. Dejà-vu.
Un altro colloquio: cercano praticamente superman, know-how a 360°, pregressa esperienza in agenzia, frontend, backend, da 28 anni in su, tra i requisiti figura “talento” al primo posto. Sembra perfetto per me, vado. Dopo il primo colloquio il tizio mi scrive che il feedback è positivo e vorrebbe rivedermi. Ooook, un’ora di mezzi per venire dall’altra parte di Milano (perché stanno praticamente in hinterland), arrivo, e mi chiede – visto che ho un contratto a tempo indeterminato – se c’è possibilità di valutare altri tipi di contratto. Cioè, vuoi un responsabile tecnologico e dello sviluppo a progetto?! Anche alzando il netto, mi dice. Gli dico che se sommiamo tfr, ferie, malattie, 13esima e 14esima, per arrivare a prendere i miei attuali soldi, il netto che ne esce non li fa risparmiare rispetto al lordo del mio indeterminato, anzi, ed è veramente altissimo. Niente, sperava valutassi altri contratti (certo, magari se fossi senza lavoro la penserei diversa, ma, guarda un po’, non lo sono! e lo sai!) quindi il colloquio termina. Una telefonata o una mail per una proposta che avrei quasi sicuramente rifiutato non erano più comode?
Ad un altro colloquio non sanno nemmeno dirmi che framework utilizzano attualmente per i loro progetti perché non sono tecnici e non hanno i tecnici lì, hanno un team esterno. Auguri a trovare qualcuno per fare un lavoro che non sapete spiegare.
Un’altra risponde alla candidatura dicendo che hanno super urgenza di vedermi, se posso quella sera. Le rispondono che, ovviamente, no, ma ci sono la sera dopo. Scompaiono. Una settimana dopo ingoio il rospo, inoltro la mail scrivendo “avevi poi ricevuto la mia mail?” “ah, no, era andata persa!” (ceeeerto). Ok, quando ci vediamo? Le do le mie disponibilità, mi chiede dove. Ehm, pensavo di venire da voi, ma se possiamo fare vicino a me ho più disponibilità. Mi manda un sms due giorni dopo, alle 11, dicendo che è in zona a mezzogiorno… le dico che non posso, risponde che ci sentiamo via mail per fissare un altro giorno. Scompaiono.
Insomma, gli unici seri fin’ora sono stati una realtà editoriale evoluta dall’ex tuttogratis: mi sono letteralmente innamorata dei loro uffici. Finiranno la selezione tra una settimana, e mi faranno sapere. L’altro è un’agenzia seo, che è partita con un’offerta imbarazzante (-400€ sul mio attuale stipendio…) a cui ho risposto: si trovano persone per questa cifra, ma la scelta sul tipo di professionista che volete ora e in futuro dipende da voi. Hanno rilanciato con qualcosa di più accettabile (-100€). Il capo sembra una persona davvero positiva. Dovrebbero farmi avere il contratto da firmare entro l’1, in modo da iniziare il preavviso a Novembre. E se dovesse andar bene da ex tuttogratis o nell’agenzia creativa (incrociamo tutti le dita), sono pur sempre in tempo ad annullarlo

Dimenticavo il fantastico primissimo colloquio, fatto prima di iniziare a mandare in giro curriculum: è un’agenzia creativa piuttosto conosciuta a milano e vorrei andar lì. Faccio candidatura semi spontanea, perché in realtà dal sito vedo che cercano. Negli anni ci siamo incrociati molte volte: lavoriamo per gli stessi clienti, loro fanno progetti per condénast che spesso ho implementato io, ci siamo scritti qualche mail su segnalazioni al loro sito, e via dicendo. Mi era stato detto “quando vuoi passare a fare una chiacchierata, la porta è aperta”. Vado, il project manager mi accoglie dicendo che mi conosce, sa cosa faccio, dove lo faccio e come lo faccio. Nessuna domanda tecnica, parliamo del più e del meno, mi fa vedere l’ufficio, mi presenta agli altri, mi parla dell’agenzia. Sembrava più una formalità che altro. Scompaiono. Gli scrivo dopo due settimane chiedendogli se hanno chiuso le selezioni, nessuna risposta. Due giorni dopo il mio ex-collega arriva con il gossip che pare che il capo sia andato dai dipendenti e abbia detto che vuole chiudere e spostare tutto in Svizzera. Fantastico.

del lavoro che nobilita

Dunque, non ne ho ancora parlato perché, poi mi sono ricordata che potevo fare un post protetto da password.
Lavoro in questa agenzia ormai da più di tre anni. Sono passate più persone qui, in questi tre anni, che in un bordello. Stefano, il terzo socio, se ne è andato pochi mesi dopo il mio arrivo, e nessuno ancora sa perché. Una settimana dopo il mio arrivo, due ragazze molto giovani sono state licenziate in un modo terrificante: chiuse in sala riunioni e costrette a firmare le dimissioni ed andarsene senza poter rientrare in ufficio nemmeno per prendere la borsa; il tutto perché avevano dato della cicciona alla capa in una chat che loro hanno letto (e sì, lo è, è molto, molto grassa, e dovrebbe saperlo). Qui ha avuto inizio il periodo terrorismo: facebook, tumblr, tutto bloccato. Niente chat esterne. Computer spesso sotto sorveglianza (grazie ad Apple che permette questa cosa di default). Gli altri due sviluppatori con cui lavoravo e che, oggi lo posso dire, sono alcuni dei colleghi con cui mi sia mai trovata meglio a lavorare, se ne sono andati pochi mesi dopo. In quel momento ho pensato che i miei capi non erano molto in grado di valutare le persone, se lasciavano andare via uno bravo come Claudio senza battere ciglio. Pier, il seo manager e autoaddetto a fomentazioni sindacaliste negative, andato pure lui, a Londra. E’ arrivato Maurizio, un nuovo grafico, altra persona fantastica. E’ arrivato Andrea, l’account junior. E’ arrivata Cristina detta Crispina palo in culo, andata poco dopo. Sono arrivati 5/6 programmatori che se ne sono poi andati, chi licenziato, chi dimissionario. Maurizio se ne è andato. E’ arrivata Valeria, grafica junior, anche lei adorabile. Insomma, quasi tutte le persone passate qua dentro – tenendo ben presente da che media di merda sia fatto il mondo – erano persone fantastiche. Il resto erano persone talmente allucinanti che arrivavano ad essere divertenti.
In un posto così, circondati da persone così, si lavora bene. Per tre anni, non ho rimpiato CondéNeuro un solo giorno (a parte quando un paio di mesi fa mi hanno detto che offrivano una buonuscita di 3 anni di stipendio a tutti i dimissionari volontari – lì ho quasi pianto). In un posto così, passi sopra facilmente al fatto che i tuoi capi sono degli psicopatici poser hipster. Vegetariani, quasi vegani, che però mangiano pesce, che stanno insieme da 15 anni, che vanno alle feste, che si fanno e non fanno di coca, che vogliono che siano tutti amici ma sto cazzo che verrei mai con voi a un concerto di Skrillex. Puoi sopportare la mancanza di professionalità dei tuoi stessi capi, l’imbarazzo nei confronti dei clienti per certi comportamenti. Le notti fatte quando si poteva farne a meno, se la capa grafica finisse mai una cosa nel tempo stabilito. Lui che un giorno dal suo podio di autstima manda fulmini e saette e il giorno dopo è tutto simpatia portami via.
Ora i capi si sono lasciati. L’agenzia è allo sfascio. Arrivano in ufficio a mezzogiorno quando va bene, e tu a inventar scuse al telefono con i clienti incazzati. Valeria è stata licenziata, appena dopo le vacanze. Era venerdì sera e le han detto che non sarebbe dovuta tornare il lunedì dopo. Riduzione del personale, momento di difficoltà, pochi clienti. L’ha licenziata la capa, mentre il capo era a Bali. Francesco, l’altro dev del team di cui ero responsabile, prima dell’estate ha detto in ufficio che voleva interrompere la collaborazione; non mi è stato nemmeno detto. Fulvio, l’ultimo grafico, se ne è andato per lavorare da casa, felice di poter finalmente non rivedere il capo, con cui aveva un conflittualissimo rapporto maschio alpha contro maschio alpha in cui raramente si parlavano insieme. Andrea sta cercando a Roma per seguire la nuova fidanzata. Rimaniamo io e loro due. Lei, la grafica, quella che per fare una homepage ci mette 6 mesi, che non rispetta una scadenza che sia una, che non è in grado dopo 11 anni di lavoro di ricordarsi una volta di farmi i rollover, o di pensare a una risoluzione sotto i 1900px, o di capire che un menu di terzo livello non può essere più grande del primo livello. Che mette tasche, ombrine, stondature e sfumature ovunque perché è rimasta ai design di 5 anni fa. Lui, lo psicopatico con pesanti disturbi dell’umore, con cui cerco di parlare il meno possibile.
Tolte le persone, mi sono stati tolti i motivi per restare in un’azienda che in tre anni ha perso tutti i clienti che aveva e ne ha acquisiti pochissimi, e nessuno in modo continuativo. E nessuno si è mai chiesto il perché.

di ottobre

Sono arrivate le caldarroste, sono arrivati i weekend di pioggia, è arrivata la coperta sul divano, il vento freddo, le foglie che cadono, il cuore che si apre, il sollievo che si diffonde tra i nervi. Arriverà novembre, con tutte le sue promesse che come ogni anno verranno trascinate via in silenzio da un dicembre sempre cortissimo e poi sarà un altro anno. Sarò ancora in tempo per migliorare il bilancio di questo che sta per finire?
Intanto la vita arranca sui suoi soliti binari, inamovibile come sempre. Nelle migliorie autunnali di quest’anno possiamo inserire il corso di pilates, che per un sacco di soldi in meno per ora mi sta permettendo di vivere come una persona normale e non una tavola di legno incrinata a metà. All’inizio della scorsa settimana abbiamo festeggiato il secondo anniversario di matrimonio, e ci apprestiamo a festeggiare 6 anni insieme con più o meno interruzioni alla fine dell’anno. E ancora sembra ieri, e ancora passiamo le serate a parlare e raccontarci come degli stupidi ragazzini. E ancora posso scrivergli fogli di parole che lasciano lui senza, di parole, e chiunque lo conosca saprà quanto è difficile.
Anche quest’anno, abbiamo già estratto i destinatari dei regali nella famiglia di jd, per evitare i soliti milioni spesi, e a me è capitata la madre di mia cognata, come l’anno scorso. Aggiungiamo nipote e marito, e regali da fare quest’anno dovrebbero concludersi qui, quindi almeno questo dramma invernale si consumerà in modo quasi indolore.
E il resto va come deve andare. Il sassolino che ho al posto del cuore si spezza e si riassembla ogni dieci minuti, per ogni parola di Khaled Hosseini, per ogni notizia al telegiornale, per ogni buona notizia che ricevo, come la cugina che finalmente è riuscita ad adottare una bambina. E’ poco, ma si cerca di bilanciare un po’ tutto. E poi mi sembra che certe idee seminate stiano cominciando ad attecchire, e posso ancora sperare.