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degli inizi

Inizio di settimana, inizio d’autunno, inizio della discesa.
I matrimoni degli amici sono ufficialmente finiti sabato sera alle 10:30 e sono stati tutti bellissimi. Al primo, in quanto aiutante sposa e wannabe fotografa ufficiale, ero quasi più emozionata di quando penso al mio. Si spera che nel prossimo anno ce ne siano a celebrare altri, abbiamo già un cugino prenotato e certa gente a cui l’universo sta mandando svariati segnali, ma per quest’anno la staffetta la chiudiamo noi. E la giornata di oggi mi fa ben sperare che chiuderemo d’autunno e non in un’estate tardiva, con le foglie che cadono ovunque e freddo alla sera; gli invitati non saranno contenti, ma io che volevo sposarmi a dicembre sì.
La discesa comincia ora, con tutto praticamente finito – bomboniere, centri tavola, catering, bouquet – e gli ultimi dettagli a cui pensare, niente più impegni nei weekend e solo una valigia enorme da preparare. Finito tutto torneremo nella nostra casetta e inizieremo un anno sabbatico dove intendo solo pensare al lampadario che manca, a sistemare il balcone, alla nipotina in arrivo e a consumare la parola marito
Altri aggiornamenti per ora non ce ne sono, se non che mentre segnalavo un errore ai feed di un sito che seguo sempre con piacere, mi sono ritrovata a scriverci sopra, part-time con miss in black

degli aggiornamenti

-23 (in italico le cose finite, e sono tantissime!)

Location: prenotata.
Cupcakes: prenotati, a settembre chiedere alla tipa se è viva
Scarpe: comprate.
Abito futuro marito: nell’armadio.
Velo: arrivato, da sistemare la veletta.
Cuscino portafedi: c’è.
Fotografo: abbiamo il migliore sulla piazza
Fedi: incisioni ok, ritirarle la terza settimana di settembre!
Inviti: inviati! Si delinea il numero finale…
B&B: trovato e comunicato a chi di dovere.
Viaggio di nozze: prenotato!
Abito: finito!
Guanti e stola: pronti (e bellerrimi).
Bouquet: trovato ad una cifra più che ragionevole.
Piante/fiori: fatti vasi e trovate le piantine aggratis.
Comune per pubblicazioni: fatto (maledetti).

Catering: prenotato, menu da perfezionare e da stampare.
Centrotavola, segnaposto e tableau de mariage: Stampati e tagliati i biglietti, tagliati i tronchi, comprate le candele: questo weekend assembliamo. Mancano ancora i rami/albero.
Bomboniere: in arrivo i cucchiai, ordinati i portaconfetti, pronti i bigliettini.
Preti: da passare tutto alla curia.
Musiche: trovato il brano per l’ingresso, completata la playlist. *** la proviamo!
Tavolo confetti: tavolo pronto, bicchieri pronti, sessole in arrivo, confetti trovati!
Portariso: io volevo fare questi ma mi mancano la voglia, il tempo e i materiali.
Guestbook: comprato ministampante, macchina e cavalletto li abbiamo, e ho un’incaricata che dovrebbe occuparsi dei goodies manca albero anche qui!
Parrucchiera: sabato prova.
Unghie: questa settimana dovrebbero arrivare notizie su un posto dalle parti di Biella che fa la ricostruzione, vedremo.

delle pecore

Si dice contare le pecore.
E lui le contava, ogni notte. Che altro doveva fare? Dopo cena, finito di sciacquare il piatto e il bicchiere e messo via il pane, si sedeva al vecchio scrittoio e leggeva qualche riga di quel vecchio libro che le aveva regalato lei, guerra e pace, di tolessetoi. Qualche volta leggeva l’intera pagina, così, ad alta voce; gli piaceva ascoltare le parole che formava, molte delle quali erano soltanto bei suoni senza alcun significato.
Quando gli sembrava che la stanchezza fosse al limite, e che il sonno sarebbe sopraggiunto in un secondo sorprendedolo lì, sulla sedia di legno, spegneva la lampada e si sdraiava. E il sonno strisciava via, prima piano, poi sempre più veloce, finché non rimaneva che lui, disteso, qualche grillo fuori e tutti i suoi pensieri nella testa. Non che fossero tanti, o complessi, o vari, però restavano maleducatamente, rozzamente ancorati ai suoi occhi aperti senza sentir ragione.
Allora quando il ginocchio non gli faceva troppo male prendeva la coperta e si spostava nella veranda sul retro, davanti al recinto delle pecore, e contava.
Certe notti erano talmente buie che solo per distinguere una pecora da un sasso doveva stare immobile per minuti che sembravano ore. Certe sere la luna le faceva risplendere talmente tanto da sembrare angeli con ali di lana. Certe sere, il vento contava con lui, ululava un numero per ogni manto bianco che riusciva a scorgere.
E, finalmente, dormiva.