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perché i lunedì sono così fottutamente schifosi?

Il primo treno di questa mattina l’abbiamo perso perché nella mia stazione un qualsiasi display che mostri i binari da cui partiranno i treni non esiste più. Stiamo subendo il passaggio da televisore 17” illeggibile a schermo LCD fichissimo; stiamo attraversando questo passaggio da due mesi. E mentre ci dirigiamo al binario 5 (presunto binario di partenza, sulla carta) per prendere l’unico treno di quell’ora, il capotreno di tal treno ci guarda e sta zitto (procurandosi almeno un mese di maledizioni visto che non ci ha detto « ehi non è quello il treno, ma quello sul binario due ») e mentre scrutiamo dentro il treno al binario cinque ci giriamo e vediamo il treno che fino a qualche secondo prima era morto ed era dalla parte errata della stazione (a sinistra invece che a destra), quello sul binario due, che inizia a fare ciuf ciuf lasciandoci a piedi.

Il secondo treno di questa mattina era impossibile perderlo essendo fermi in stazione da 32 minuti. Una volta preso siamo arrivati alla stazione di scambio perfino puntuali (miracolo!) per scoprire che il treno per Milano era in ritardo di (rullo di tamburi) 40 minuti (su una tratta da un’ora, cosa davvero inconcepibile). E andiamo con l’altro treno.

La giornata prosegue in stato di stress affannoso e iperattivo, ho male ad ogni dito e ad ogni nocca delle mani, ho nausea costante da ieri sera, ho male alla schiena, torcicollo, pressione bassa.

Ho un passaggio per casa e ho meno di ore per avvertire *lui* della cosa ma dovrei cercare di fare in modo di non urtarmi per la sua risposta. Direi che è impossibile, sì. Sì sì sì. Perché farà i suoi "ah" e farà calare il velo di ghiaccio sulla questione, mentre *lui* … mentre *lui* lasciamo perdere, che m’incazzo solo a pensarci.

C’è che io mi sento in colpa per ogni fottuto sms che scrivo a chiunque non sia tra le persone approvate (ma quali? ce n’è forse una?) mentre lui socializza tranquillamente con chiunque notificandomelo poi con noncuranza, che vorrei vedere facessi io così, vorrei proprio vederlo.

C’è che a scrivere il post di prima m’è salito un nervoso che difficilmente si dissiperà a breve. Era meglio non pensarci, guardare dall’altra parte, come sempre. Mea culpa.

domande e risposte

Perché mi conosco, e so che prima o poi, tempo che la mia memoria cancelli parte di tutto questo (tempo relativamente troppo breve) io mi farò una serie di domande e visto che questo è il posto in cui cerco le risposte su me stessa, le scrivo direttamente ed in modo esplicito.

Perché nel mio armadio (ed al momento, non nel mio armadio ma attaccata al mio corpo) campeggia una maglia a righe rosa fosforescenti?

Bella, bellissima domanda. Io amo il rosa, in quasi tutte le sue tonalità. Certo è che detesto indossare il rosa fosforescente e, in generale, tutti i colori squillanti. Quindi, questa maglietta che con me non c’entra proprio niente, ha un suo motivo, per forza di cose. Il motivo è che nello stupido negozio diventato ora innominabile e infrequentabile in futuro ho comprato, la scorsa settimana, un paio di scarpe. Semplici, nere, tacco alto, punta rotonda, esattamente come le volevo. Tempo due ore dall’acquisto mi sono resta conto che una delle due scarpe – quella non provata, per l’esattezza – doveva essere stata provata in precedenza da una sorta di tricheco con piede taglia 45, essendo disfatta. Le ho riportate indietro e loro? Loro mi han fatto un fottutissimo buono spesa da spendere entro un mese (animali!). Siccome tale negozio ha un assortimento di scarpe formato da quattro o cinque modelli ripetuti in colori, altezze di tacchi, accessori variabili e basta, e siccome i pochi modelli che ha sono esclusivamente quelli di moda della stagione scorsa e siccome io detesto i modelli che ha e avevo trovato queste scarpine sole solette, completamente esuli e diverse da tutto lo schifo che avevano intorno, è fuori questione che io possa, entro un mese, trovare un altro paio di scarpe che mi piacciano. Però ci provo. Che devo fare, buttare via il buono? Così ci ho provato, ieri. E ho trovato un paio di stivali; ero tutta felice. Con un mal di testa incredibile e in mezzo a una folla di persone quasi più incredibile, ho trovato un paio di stivali che mi piacevano, erano comodi, avevano tutti i numeri eccetto il mio. Fantastico. Allora sono andata nel settore abbigliamento. Apriti cielo. Stavo per piangere. Giuro. Come possono, dico io, in un negozio, farti stressare per fare shopping?! Ci vuole un bell’impegno, cazzo!
Ed eccomi qua; maglia rosa a righe.

case e problemi

Non sopporto questo modo di fare. Questo prendere con leggerezza cose che leggere non lo sono, non per me, almeno. A lei, che io faccia un mese o sei mesi di pendolarismo non cambia una virgola, ma questo che diritto le dà di affrontare tutto con leggerezza creandomi disguidi di questo genere? Piuttosto stai zitta dalle tue parti e non crearmi problemi. Questo per dire che ora, dopo un mese e mezzo, s’è scoperto che quel che mia madre ha riferito con « la lù ha detto che le interessa l’appartamento e se andavi via lo prendeva sicuramente lei con anche i mobili » (« i mobili? sei impazzita? e io con cosa resto? » « ah ma anche senza mobili, ha detto che comunque le interessa sicuramente ») è in realtà un « se si trova ad avere dei problemi potrei prenderlo io, ma non sarebbe comodo per me (lo farei solo a mo’ di favore) ». Cambia giusto un attimo il senso. Mi piacerebbe pensare che non aveva capito, che aveva frainteso, ma purtroppo la conosco troppo bene: è che non sembrandole una cosa degna di rilevanza particolare (la casa è mia e sono io che mi trasferisco, a lei che importa?), sommarietà è la parola d’ordine. Se non è quello è qualcosa di simile, « sìsì, circa, non intendevo proprio così ». Grazie al cazzo, cara mamma.
E l’ho presa con le pinze dovute, l’informazione, perché appunto la conosco. Ma siccome so bene che ha anche l’abitudine di prendere impegni per conto mio e accusarmi poi di non rispettarli, creando inoltre problemi a chi l’impegno l’aveva ricevuto, non me la sono sentita di andare per la mia strada e ho aspettato una definizione seria dalla diretta interessata, che è arrivata solo oggi. Dopo quasi due mesi di lavoro qui a Milano. Ora mi tocca chiedere al padrone di casa, con un post-it, di contattarmi (anche questo, questo coglione, qual’è il problema di dare un recapito telefonico a una tua inquilina?!) e dare la disdetta che prenderà fino a 6 mesi. Nell’incognita, ovviamente, che lui trovi qualcuno di punto in bianco e mi dica « tra due mesi (e non sei) entra un nuovo inquilino », facendomi da un lato il favore di non dover fare tutti e sei i mesi le ormai canoniche 4/5 ore di viaggio giornaliere, dall’altro dandomi due mesi per cercare una casa, prepararla e trasferirmi, il tutto nel tempo libero che ho che è ormai in negativo (13/14 ore al giorno impegnate tra viaggio e ufficio). E intanto l’idea di poter avere la casa che tanto mi piaceva, lilium, sfuma sempre di più, perché dovrei dire al padrone di casa « ehi, ecco qua l’assegno dell’offerta, offro di pagarti 50 euro meno l’affitto a condizione di entrare da qui a sei mesi (quindi devi tenertela libera sei mesi per me, caro il mio nuovo padrone di casa) ». Mi figuro il padrone di casa mentre riceve un’offerta del genere; l’unica speranza è che la mia sia l’unica, zero concorrenza, e lui sia estremamente buonista. Ma vedendo quante cose stanno andando per il verso giusto ultimamente, quasi quasi non ci provo nemmeno.