di campanelli, dell’amore e della felicità

La nostra storia è iniziata al suono delle mie cavigliere. Oggi ho ricomprato quella che ho perso, perché conto i giorni a quando tornerà la primavera e potrò di nuovo indossarle e scampanellare ogni volta che gli passo davanti. Ormai i giorni sono passati e sono diventati settimane che sono diventate mesi e che sfrecciano in avanti veloci, come se avessimo acceso il fast forward senza accorgercene. Non posso credere siano passate delle intere stagioni da quella prima sera, quel disgustoso gnocco fritto, la mia canotta bianca, gli strokes e tutto quello che c’è stato dopo. Ogni giorno sono costantemente sorpresa dal fatto di aver trovato una persona così, come se fosse ancora il primo giorno, ed allo stesso tempo a mio agio come se fossimo insieme dal mio primo secondo di vita, in un modo in cui nemmeno sola posso pensare di esserlo. Non c’è minuto che io non voglia passare con lui, e per la prima volta il concetto di spazio per me, di stare per conto mio, include un’altra persona come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Eravamo due estranei fino al giorno prima, lo siamo stati per anni in realtà, e di colpo è diventato la cosa meno estranea con cui abbia mai avuto a che fare. Non lo so, come andrà a finire. Ho una paura fottuta però. Di rovinare tutto, o che tutto si rovini, anzi, ho paura di quando tutto si rovinerà. Ma fino adesso ho almeno una certezza: non ho nessun dubbio che ne sia valsa la pena. Sarebbe valsa la pena di buttare all’aria un matrimonio, un mutuo, una casa anche solo per il dieci per cento di quello che mi da. Sarebbe valsa la pena farlo anche per la parte peggiore di lui, per i momenti più noiosi e inutili.

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