della festa del papà
Questa cassa di risonanza che è internet. Gli anni dopo i primi delle elementari, dove era tutto un susseguirsi di stupide creazioni da portare in famiglia per ogni festività, quelli prima di avere internet – e non quello in cui mi sperdevo perché troppo vasto e nuovo e inconsapevole e non sapevo, veramente, cosa farmene, intendo quello in cui ci lavoro, in cui ogni mattina apro tumblr e google reader, quello in cui cerco le istruzioni per fare un turbante con l’asciugamano che non cada dopo un minuto, una ricetta, gli orari delle farmacie, i barattoli vintage da regalare a mia suocera, gli anni in mezzo, ecco: la festa del papà chi si ricordava quando cadeva? Io non lo so ancora adesso, ma è impossibile far finta di niente; per una settimana leggi post di persone che non fanno che omaggiare i loro padri in un modo o nell’altro un paio di post dopo quelli sulla festa della donna. E ormai l’età è quella in cui molte persone raccontano di chi non c’è più, e sembra tutto perfetto. C’è chi racconta di chi c’è, e sembra tutto perfetto. Poi c’è chi sta in silenzio. Perché? Magari hanno un brutto rapporto. Magari non ce l’hanno proprio. Io sono in questa ultima categoria.
E se lui arrivasse oggi a chiedermi « perché? cos’ho sbagliato? » io non avrei veramente nulla da dire. Errori ce ne sono stati, quale genitore non ne fa? Ma tutti molto stupidi, e molto blandi quando non hai più 13 anni. Mi è stato vicino in certi momenti. E’ sempre stato il contrappunto a mia madre, quello che prendeva le mie parti quando ogni cosa che facevo non andava bene. E quando ero piccola, era il mio punto di riferimento. Mi sembravano così intelligenti, così brillanti, loro due. Guardavo le foto da giovani e pensavo fossero una di quelle coppie che hanno un sacco di amici perché sono proprio giusti. E’ stato lui che, mentendo, mi ha fatto rincontrare con mia madre dopo un anno. Che quando ho sbattuto la porta vedendola uscire dall’ascensore l’ha tenuta ferma e mi ha detto per favore.
Io non lo so cosa si è rotto crescendo, probabilmente mi sono rotta io. Per me sono degli estranei. Io nemmeno lo ricordo molto bene il tempo che ho passato con loro. Vado a pranzo, a cena, faccio quello che deve fare la figlia che lavora lontano, ci litigo, ma non li abbraccio. Non so se l’ho mai fatto. E loro, come due estranei, mi sembrano così gretti. Tu, papà, ogni volta che ti vedo, mi rendo conto che sei una persona che non potrei mai frequentare se non avessi il tuo dna nel sangue. Non riesco a parlare con voi. Siete chiusi, irrazionali, tu sei logorroico e io amo solo il silenzio, sei testardo, cocciuto ed egocentrico e non potremmo mai, veramente mai, andare d’accordo. Dimentichi le cose ora che sei in pensione, ora che hai superato i 70, e usi questa cosa a tuo vantaggio. Ma ora che non sono più una bambina, me ne accorgo; ora posso darti contro e vincere una discussione non è più così facile come una volta, e la tua impossibilità ad ammettere almeno una volta di non avere ragione ti rende… un buffo vecchio. Ecco cosa provo. Rabbia, tristezza, pena, comprensione. Ma non dovrebbe esserci anche amore, da qualche parte? Quei sentimenti che dovrei provare solo per te, ecco, non li ho. Li ho persi, ma più probabilmente non li ho mai avuti. Non lo so, se è per come mi avete cresciuta voi, o se sono io che sono nata così, di pietra. Se qualcuno ha sbagliato, o se a volte semplicemente ci sono persone fatte così, come me. Ma immagino che per te sarebbe stato migliore arrivare a 72 anni con una di quelle figlie che sanno dire cose così importanti su di te.
6 commenti
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Io ho passato un periodo così. Come sentimenti, intendo, o meglio, come assenza. Poi ho scoperto quanto io sono i miei genitori, pur essendo diversissimo, ho compreso quanto mi han voluto bene, pur riuscendo forse a farmi più male, ma nel bene e nel male, anzi, prima del bene e del male. Da allora è stato più che il ricordo d’un’abitudine e la memoria dell’amore poco espansivo ma profondo ricevuto da bambino, anche affetto, anche amore, ma come dire, un essere da cui non prescindere. Così è stato un caso che le ultime parole che ci siamo detti, con mio padre, sian stati “ti voglio bene”, noi che era impossibile dialogare, ma sono state vere e profonde e un caso fortunato di cui sono felice.
Mica per dire che debba o possa capitarti, sia chiaro! Non sono così stupido da non sapere che ognuno prova affetto e comprensione a modo proprio e che va tutto bene, nel rispetto reciproco…
il papi è sempre il papi e difetti o no vedrai che ci sarà il momento dove, infondo, magari sotto sotto sotto, le cose passate saranno niente e dimenticate e capirai che, a vostro modo, vi volete bene.