delle cose difficili da spiegare
Non è che abbia messo la vita in standby; beh, non proprio. Mi alzo, vado a lavoro, cerco di mangiare il meno possibile, vado in palestra, fumo con le colleghe, torno a casa, gioco alla wii, guardo telefilm, riordino. Insomma, la vita è sempre la stessa. Nel weekend ci si divide un po’ da una parte e un po’ dall’altra, e poi capita come questo weekend che si sta da me a sistemare mensole e affari ikea. Cerco di pensare il meno possibile, per non rattristarmi. Perché è autunno, ormai, e la nostalgia arriva sempre come se fosse il primo acquazzone della stagione. Perché certi finali di stagione dovrebbero essere vietati a persone come me. Soprattutto finali sul futuro, dove in pochi secondi loro si risolvono la vita. Io più ci penso al mio, più mi rendo conto che niente sarà risolvibile senza sacrifici; e che probabilmente poco sarà gestibile come vorrei, poco dipenderà dalle decisioni e molto dal caso. E più mi guardo intorno, più faccio fatica a trovare un punto fermo in tutto questo vorticare che ormai, da mesi, mi sta sinceramente sfiancando. Mi faccio domande che non dovrei pensare, e so che questo non è mai un bene. E, quindi, arrivo ad aver paura dell’umore di cui mi sveglierò domani mattina, sapendo con quanta facilità potrei cambiare tante cose che, forse, invece, non voglio cambiare. Quante risposte potrei darmi a domande che non volevo fare. Per questo non scrivo, e cucino cupcakes.
Forse non è il vorticare che sfianca, ma la ricerca del punto fermo.
Forse fai bene. Forse a volte le soluzioni si affacciano quando meno le cerchi, quando meno te l’aspetti. Forse la serenità è lì dentro che aspetta di maturare, di sbocciare. Ha solo bisogno di tempo per lievitare, come un cupcake.