delle conclusioni che quasi non si speravano

Ed è così che van le cose: sono a casa, di sera, in ottima compagnia, e in un raro momento di pausa dal noi guardo il telefono e ci trovo tre messaggi. Uno dei quali dice che è passato a lasciarmi il cd degli Ark nella cassetta delle lettere ed ottiene una rispostaccia indietro; io lo so, cos’è quel gesto. Sono i tempi giusti, sono i suoi tempi, lo so benissimo e allora va bene, lo chiamo per sentire cos’ha da dire. E così scopro che inciso sulla copertina del cd (quella non originale, s’intende), c’è i still miss you. Il che è pure un po’ inquietante, la faccenda di incidere una cosa invisibile se non controluce sulla copertina di un cd, mi sa molto di serial killer che lascia segni che solo lui e l’investigatrice di turno. E lui ha il suo tono, al telefono, mogio – quello che aveva anche qualche settimana fa, quando avevo ragione di credere che – e poi sempre più mogio, soprattutto nel momento in cui diceva che mi ama, che aveva sbagliato a pensare non fosse così, che aveva capito che il problema era suo – e che novità! E io gli chiedo se può evitare cortesemente di passare nuovamente dal vialetto di casa mia perché scoccerebbe a me ed altre eventuali persone in mia compagnia trovarlo lì, che non si sa mai. E vedo di fargli capire abbastanza chiaro che no, non lo stavo aspettando – e mi sembra anche abbastanza ridicolo credere che. Gli faccio capire chiaro – dicendogli le esatte parole « mi vedo con una persona » e « probabilmente ti ricordi di lui [cut] » e così con una manciata di parole ho tolto a lui i ricordi belli, quelli che lui ha tolto a me; siamo pari, anche se io per farlo ho dovuto lasciar intendere una cosa non esattamente vera. E non lo sto aspettando perché non lo amo, ed ho smesso di amarlo molto prima che ci lasciassimo e no, nemmeno quei due mesi lì – ma come si fa a smettere di amare una persona? – mettere incinta un’altra, gli rispondo, è già un buon aiuto al processo di disinnamoramento; di cui comunque non c’era poi granché bisogno, perché io è da quel febbraio che avevo la bilancia odio amore, affetto disprezzo, voglia fastidio, che pendeva tutta dal lato sbagliato.
E il fatto è che metto giù il telefono con le mie consuete frasi non esattamente gentili per quanto deliziosamente ironiche. E non ho batticuore da far passare, agitazione, senso d’ansia, niente. Ho solo una leggera sensazione d’essermi liberata di un peso, del peso del « cosa farei se… ». E penso che l’ho sentito rivangare il passato, dire che quello che c’era stato era speciale e significava qualcosa, significava che eravamo quelli giusti l’uno per l’altra, e per la prima volta in tre anni quella molla che scattava e mi faceva credere che era così è rimasta immobile, perché non ci credo più. Perché non era niente di speciale, perché una cosa speciale lo è ogni giorno e lo è a lungo, altrimenti è solo una cosa molto bella ma destinata a finire. E perché al momento sto provando le stesse cose ed altro in più, e quindi mi ero sbagliata, avevo calcolato male i limiti di quanto può sembrare speciale qualcosa.

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