work

Il lavoro consiste nella costruzione di siti web (grafica, programmazione, e tutto), in programmazione php e gestione e manutenzione di una community derivata dalla vendita del codice di iobloggo (quello che faccio ogni giorno già per iobloggo). La Web Agency in questione è sicuramente molto solida. Hanno già anticipato che sarebbe un contratto a tempo indeterminato. Hanno già fatto capire che ovviamente il tenore di vita sarebbe più alto con conseguente stipendio adeguato anche se per ora, almeno fino a giovedì, non si è parlato di cifre. E’ il lavoro che vorrei fare in tutto e per tutto, garantirebbe (teoricamente) uno stipendio più alto e una possibile carriera; soprattutto per il fatto che è a Milano; proprio Milano, la città perfetta.
E’ la terza occasione che ho di spostarmi da Biella per essere inserita in realtà lavorative affermate, solide e molto più concordanti a quello che vorrei fare. Una a Milano, una a Genova. Comincio a pensare di stare intralciando il destino (sono una fatalista, ahimè) a forza di rifiutare e fare orecchie da mercante.
Quando ero piccola andavo spesso a Milano con mio padre, dove lavorava lui; l’asfalto caldo di Agosto, le macchine, i marciapiedi; so che sembra assurdo, ma a me piace. La metropolitana, il rumore esterno e il silenzio interno, l’estraneità della folla; il Duomo, le grandi piazze, i grandi negozi; ho sempre amato Milano e sembra assurdo ma mi piace ancora oggi. Il legame che ho con la mia città però è tutt’altra cosa. E le persone che ho qui – anche se poche – ci sono; se una sera ho voglia di bermi una birra, posso farlo. Lì sarei sola – a parte, certo, *lui*, ma sempre sola. Sarei più vicina a *lui* ma lontano da qualsiasi altro affetto, da qualsiasi altra conoscenza.
Ho passato il weekend a mugugnare e piangere, per questa scelta; mi viene da vomitare a pensarci: è una scelta che cambia la vita. E’ una scelta importante, e io non mi sento in grado di affrontarla. E il magro pensiero di affrontarla con *lui* peggiora solamente le cose: *lui* c’è adesso. E tra un mese? Non posso, davvero, contarci. Sarei sola, completamente sola, in una città che non conosco e in cui la solitudine è molto più facile e viscerale che qui, ai piedi delle mie montagne.
Poi c’è il problema delle dimissioni; non so se trovo il coraggio di farlo; qui dove sono mi hanno accolta su due piedi, non mi hanno fatto alcun torto; lo so che – come continuano a dire tutti – è un rapporto lavorativo e io non devo niente perché se loro non avessero bisogno mi lascerebbero a casa (a malincuore, forse, ma certo non mi pagherebbero per far niente). Lo so, lo so, però io mi sento in colpa lo stesso.
E il trasloco! Sto lì appena da un anno, accidenti. Non avevo nemmeno ancora finito di imbiancare, e dovrei ora impacchettare tutti i miei nuovi mobili e trasferirmi di nuovo? Il quinto trasloco, il quarto trasloco in 4 anni. Io sono una persona sedimentaria; i traslochi mi sconvolgono.

Mille problemi.
Giovedì il colloquio in cui si parlerà di stipendi e cose del genere.
E io credo proprio che accetterò, se lo stipendio è valido.

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