dell’incoscienza

Non credevo che la mia vita sarebbe andata così. Non sono mai stata capace di immaginare un mio personale futuro, se non quello immediato nei momenti in cui capivo che non stavo andando nel verso giusto. In quei momenti in cui mi tagliavo i capelli, cambiavo casa, cambiavo lavoro, lasciavo fidanzati, cancellavo persone dalla mia vita, buttavo cose. Ho sempre avuto questo vuoto dentro, questa sensazione che mancasse qualcosa, che fossero ventuno grammi o quella parte di stomaco in cui sentire delle strette per l’emozione, e sono sempre stata irrequieta. Inquieta. In gabbia. E ogni volta che l’inquietudine prendeva il sopravvento, cambiavo tutto e rifacevo tutto da capo, sperando venisse meglio, sperando fosse il modo giusto. Ora, il vuoto è sempre lì, ma non era quello il problema; era davvero tutto sbagliato, e ora è giusto. Sono nell’ennesima gabbia, ma è più un nido che una stanza con pareti soffocanti. Qualcosa che aiuta a non disperdere quel poco di calore che c’è nella vita, e ad accumularlo. Ora è tutto perfettamente normale, come in una telenovela piattissima, c’è la casa, il lavoro, le cene, la briscola, i parenti, il cinema e i weekend fuori, ed è tutto perfetto. Non l’avrei mai immaginato, ma ora che questa vita m’è capitata ho scoperto che è l’unica che mi fa stare bene, che mi fa dormire la notte e mi fa svegliare sorridendo e mi tiene a sonnecchiare sul divano la domenica pomeriggio guardando un telefilm sotto la coperta con lui, che mi fa immaginare il futuro senza ansia e senza desiderio di cambiarlo in nessun modo.

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