dell’avanzare

Nonostante la temperatura sui 36°, 45° percepiti, nonostante le nottate in bianco, è difficile non notare che l’estate sta finendo, come direbbe una famosa canzone.
Le giornate si accorciano, comincio ad avere voglia di sciare, e soprattutto il countdown è sceso sotto i 40 giorni. I preparativi proseguono, ho imparato a giocare a burraco, ho provato a costruire un albero da dei rami (reverse enginereeng), abbiamo scelto la canzone dell’ingresso in chiesa e deciso che ci arriveremo insieme; io intanto dovrei cominciare a cercare di abituarmi all’idea che tra poco più di un mese abbraccerò un panda e sarò sposata. Mi sembrano molto aliene entrambe le idee. Questo fatto di viaggiare oltre confine è una cosa che non mi entra sottopelle, che non riesco ad affrontare in modo normale: la partenza per la Malesia era addirittura saltata, tanto poco riuscivo a conviverci; non capisco perché: adoro viaggiare, sogno da un vita di visitare i paesi che andrò a visitare, mi piacciono le valigie, gli aerei, le lingue diverse, gli odori, i sapori, le full immersion, il perdersi completamente senza nemmeno avere coscienza della parte di mondo in cui si è. Eppure, quando devo partire, comincio a rimandare tutti i preparativi. Questa volta il passaporto c’è, quindi partire partiremo sicuramente, non riuscirò a sabotarci.

Che altro? C’è che ho due lettere in testa da tanti, tanti giorni, e dovrei solo trovare un paio d’ore per raccogliere tutte le parole e impacchettarle.

Ieri mattina ho scritto un’email a JD con cazziatone che non finiva più per una questione di lavori di casa. Alla sera, incazzata come una biscia morsicata da un serpente a sonagli, me ne andavo tutta cupa a prendere la metropolitana pensando il solito circolo vizioso di ogni volta: che bello sarebbe se adesso arrivassi a casa e per sorprendermi mi facesse trovare la casa tutta pulita e un mazzo di fiori sul tavolo, non ci sarebbe nemmeno bisogno di discutere ancora, ed il pensiero a seguire: dovrei smetterla anche solo di immaginare queste cose per evitare la delusione successiva. Ero così sicura che m’avrebbe perfino tenuto il muso, testone com’è e visto com’ero stata dura nell’email. Non avrebbe nemmeno avuto tutti i torti. Ho avuto perfino l’ardire di fumare una sigaretta in casa per ripicca, cosa degna di una bambina di tre anni.
E invece, sono arrivata a casa e la casa era uno specchio, lui era stato a casa da lavoro per farlo, e l’equivalente di un mazzo di fiori – la mia adorata insalata di ceci alla JD – era in frigo ad aspettarmi.

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