Archives

delle cose che fanno ricordare

« pronto, mi hai cercata? »
« ciao mamma, sì, mi serve un favore »
« dimmi »
« dovresti cercarmi il libreté* ç*éé*é*éoni »
« cosa? »
« il libretto delle vaccinazioni »
« il libretto delle vaccinazioni… dovresti averlo già tu »
« io? dove? e quando me l’avresti dato? »
« ah, non so »
« dubito tu me l’abbia dato quando me ne sono andata di casa » (ride ironicamente)
« beh, lo cerco ».

delle serate strane dentro al passato

Aggiorno e aggiorno e aggiorno la pagina e qua a lato vedo scorrere le foto, dei soliti gatti, dei soliti aperitivi, dei soliti cupcakes, degli aerei, dei mari, di me. Delle stagioni che cambiano come se fossero minuti. La mia meravigliosa memoria è ormai intasata di 26 anni di ricordi e il peso è quello di ogni secondo sopra l’altro. E ci sono cose che è troppo facile dimenticare, che scivolano via tra un long island e una sigaretta ed altre che nonostante tenti ogni notte di soffocarle con i cuscini ritornano ogni mattina nel loro angolo indelebile come se nulla fosse successo. E non mi sembra di avere spazio per altro, mi sento già così satura, ed avendo capito la semplice equazione con cui vengono assegnati i posti numerati mi chiedo se mi resterà qualche ricordo bello o se arriverò un giorno in cui tutte le cose brutte che inevitabilmente succedono ma che per qualche strano motivo non sono più brutte di quelle prima, ma brutte uguali come se si fosse già al limite, avranno preso il posto di; della mia vecchia casa di campagna, della mia amichetta all’asilo che mi spazzola i capelli, del respiro sott’acqua, di tutto quello che di bello ancora resta; tenacemente ancorato, ancora non soppiantato da una cicatrice. Succedono cose continuamente e vorrei domani svegliarmi ricordando come mi sono sentita oggi, vorrei sapere ancora esattamente che odore aveva l’aria nel bar sul lago tre mesi fa, che rumore faceva la neve l’ultima volta che ho sciato, vorrei poter ricordare tutto quello che mi ha reso felice per sapere cos’è e rifarlo, ancora, e ancora. E invece devo riscoprirlo ogni giorno, ed è difficile, così che ci sono giorni che nemmeno ci provo e lascio andare la presa, e faccio cinquanta cupcakes e li butto solo per fare qualcosa e non pensare, proprio come il giorno in cui ho fatto il primo. Tutto tempo sprecato, sprecato a sapere che basterebbe solo ricordare e ripetere ed essere costantemente felici.

_blank

Chissà che ne è stato. Di quel biondino fumettista, per esempio. Di quella mercante incontrata ad una cena. Di quel macho rasato e tatuato. Di quella madre che avrei voluto avere per me. Di quel gattino raccolto per strada. Di quel bambino con l’oro in un mare di occhi blu. Di quel ragazzo con le ciglia lunghe. Di quell’amica mancina dai boccoli biondi. Quanti fili recisi. Quante persone incrociate per un attimo, per giorni, per mesi e perse in un secondo.
Chissà se tra un paio di anni sarò qui – o altrove – a chiedermi cosa ne è stato, dei legami che adesso sono ancora intatti. Cosa ne è stato di quel mucchietto misero di amici, di quell’altro o di quell’altra, di questo e di quello, delle case, degli oggetti lasciati, regalati e dimenticati.
Lo so che è così che funzionano le cose; però non riesco a togliermi di dosso la sensazione che funzionino in modo davvero sbagliato.