è solo un blog

i'm a fountain of blood in the shape of a girl

dell’estate nell’inverno

E così, sabato partiamo. Per ora l’unica certezza è che entro il 28 febbraio dovremo essere qua, a vedere se a e. rinnovano o no questo full remote temporaneo (la ridicolezza di questa cosa non ha confini).

E. ha scelto per noi Tenerife. Come primo test, ci interessava un posto al caldo e in europa. L’europa è fondamentale per una questione di visti e di telefono, con conseguente connessione d’emergenza se non dovessimo avere il wi-fi per lavorare.

Questa esperienza per me è solo un test. Di andare a Tenerife mi importa poco, e sicuramente non mi interessa trasferirmici (anche perché considerando il tenore degli italiani trasferiti sui vari gruppi fb, forse preferirei trasferirmi in fondo al mare). Io voglio solo capire, con me stessa, e con e. stesso, se questa cosa la possiamo fare o no, a livello di energie, umore e utilizzo del tempo. Quando avremo capito, decideremo se lasciar perdere tutto e tornare alle nostre vite normali, o se per quello anno diventare nomadi digitali (questa parola la scrivo con disgusto, sia messo agli atti).
E per nomade digitale non intendo fare il mese alle Canarie e poi tornare in italia a dire “ho vissuto all’estero”, ma mesi e mesi da qualche parte di bello: sudest asiatico, sud america, in generale tutti quei posti per cui ho sempre detto “eh ma due settimane non bastano”. Voglio viaggiare, non vivere la stessa vita che faccio qua da un’altra parte, se no che cosa cambia?

Per ora, comunque, Tenerife sia. Abbiamo prenotato due case per tre settimane, siamo coperti fino al 7. La seconda prenotazione è stata obbligatoria perché non lo sapevamo ma, a dicembre, tutta europa va a Tenerife e trovare una sistemazione decente è praticamente impossibile. Quindi per tagliare la testa al toro e avere meno ansia (a noi serve comunque uno spazio per lavorare dal lunedì al venerdì, cascasse il mondo), abbiamo prenotato anche quella. Speriamo di poter prenotare qualcosa in una zona diversa poi una volta lì ed esplorata l’isola.

La mia lista di todo comincia a essere guardabile (prima ci voleva il defibrillatore purtroppo). Oggi abbiamo addirittura scoperto dove sono i vari rubinetti del gas e dell’acqua in casa. Abbiamo dovuto comprare due monitor portatili e vari porta pc (partiremo leggeri a livello tecnologico: tre portatili, due schermi, un tablet, tre telefoni, una playstation), poi abbiamo dovuto terminare tutto quanto avessimo in frigorifero e congelatore, ma qua ormai siamo degli esperti, visto che non vado più via più di due giorni senza staccare il frigo – perché a casa nostra la corrente ogni tanto salta, così, a cazzo di cane. Abbiamo dovuto trovare qualcuno a cui lasciare la mia macchina, perché con il lavaggio strade qua non poteva stare; meno male che la mia macchina è una delle poche macchine vecchie che ancora entra a Milano (santa benzina!) e quindi è stato facile trovare a chi affibbiarla, anzi, c’era la fila. E poi: capire come lasciare la caldaia in anticongelamento; trovare un’altra valigia da 20kg (non ne abbiamo mai usate due, di solito partiamo con quella da 10 per entrambi); cercare invano un’assicurazione per assicurare la parte tecnologica, appunto, ma ci propinano solo assicurazioni viaggio e non ci servono.
Partiamo con l’ansia che pare, a sentire la vicina poliziotta (che però è anche rincoglionita e razzista), che qua ormai i furti in casa siamo all’ordine dell’ora, nemmeno del giorno. E vabeh, cari ladri, voglio vedervi portar fuori il 75” da sotto! Oltre a quello, di valore non affettivo non abbiamo niente.

Partiamo invece con la speranza che a un certo punto potremmo dover tornare in fretta e furia: la casa per cui avevamo fatto un’offerta è nuovamente sul mercato. Ci è stato chiesto se eravamo ancora interessati e abbiamo detto siii, certo, però sta volta visto che siete stati dei pezzi di merda, -10k. Non ci hanno più risposto, ma nel frattempo l’annuncio si è abbassato già di 15k. Altri 15 e ci chiameranno. E allora torneremo, ma lo faremo felicemente

E con questo è tutto. Ho passato il primo mese, in cui avevamo deciso ma ancora non avevamo iniziato a programmare, letteralmente terrorizzata. Mi faceva paura anche solo pensarci. Ora comincio a vedere l’orizzonte e sembra tutto più fattibile.
E non vedo l’ora sia sabato

degli zombie

Devo avere un qualche cosa, forse produco un feromone alieno, che attira particolarmente gli zombie. Ho osservato attentamente le persone intorno a me e posso dire, con una certa sicurezza, di aver notato che la quantità dei miei zombie è decisamente più alta della media di chiunque.

Uno zombie è una persona che seppellisci una volta per tutte, o meglio, credi! di seppellire, ma questa continua a tornar fuori. Di solito puzzano, fanno versi e sono estremamente fastidosi.

Uno dei miei zombie più longevo è stato senza dubbio Brian: dal 2004 al 2019. Quindici anni, ormai io me lo immagino mezzo marcio e a brandelli. Ogni volta che rispunta, puzza un po’ di più. Ci siamo lasciati, male, nel 2007 (se ricordo bene) e nei dodici anni successivi, ogni tanto, eccola là, la mano che spunta da sottoterra. Un messaggio. Una chiamata. Una mail. Un like su internet. All’ultimo like, nel 2019, ho preso e scritto una mail al vetriolo per chiedergli la decenza di levarsi dal cazzo una volta per tutte.

Me li immagino come zombie perché ci vuole il marcio e putrido cervello di uno zombie a continuare a contattare una persona che ti ha seppellito. Dovresti stare zitto e ringraziare che con la pala non ti ho colpito alla testa, invece tu sei lì che ciondoli per strada nei tuoi stracci sporchi di terra e credi che il tempo ti renda una persona migliore, che il tempo cancelli cose passate, che il tempo addirittura cambi il mio carattere che è, è sempre stato e sempre sarà, tranchant. Si capisce più o meno al tredicesimo minuto della mia conoscenza.

Poi ci sono gli zombie minori, che sembrano quelli ridicoli di uno z-movie, farebbero quasi ridere. Come un mio collega di qualche anno fa, dei due anni di consulenza da cui sono scappata a gambe levate. Un tizio con cui mi sono scontrata ripetutamente, che ci ha messo pure del suo per rendere la convivenza in ufficio un inferno, un tizio di cui ho sempre avuto una bassissima opinione visti gli atteggiamenti che aveva, non solo con me ma con parte dei colleghi. Si parla ovviamente di opinione lavorativa, dio mi scampi dal farmi un’opinione personale di un collega che già mi sta sul cazzo a lavoro. Eccolo che arriva: richiesta di accesso a Instagram. Rifiutata. Dopo due settimane: richiesta di accesso a instagram. Messaggio: che minchia vuoi? E nel frattempo rifiuto la richiesta. Dopo un po’: richiesta di accesso a instagram. Va bene, passiamo alle maniere forti perché vedo che sei rimasto gnucco come tre anni fa: una mail per chiedere cosa vuole. Dice che non aveva visto i messaggi IG (forse, in effetti, sei più gnucco ancora).

Ed ecco che viene fuori una frase che tanti zombie prima di questo hanno usato: “Mi sono imbattuto nel tuo blog (tot di sottointesi) e allora ho pensato di scriverti, magari ci siamo solo conosciuti in un momento sbagliato”. Ed è qua che ti sbagli: io sono sempre io. Non è che se leggi il mio blog e i tuoi preguidizi di merda vengono frantumati e, solo a questo punto, trovi interessante la mia persona (credendo magari pure di essere il primo a scoprire tale inestimabile perla!) allora anche io sono cambiata. Se mi stavi sul cazzo prima, mi stai sul cazzo anche oggi. E con queste parole ho chiarito il mio pensiero, spero una volta per tutte.

Ma il metodo giusto per seppellire questi zombie in modo definitivo non l’ho ancora trovato. L’unica cosa che posso fare è essere abbastanza chiara a parole sul disgusto che mi provocano, ma più di tanto non si può fare, dopotutto sono pikkoli poveri zombie con il cervello in pappa. Inutile aspettarsi che capiscano.

dello star soli

Quando non stai bene, quando ti manca un pezzo, sembra più facile cercarlo all’esterno: una persona che risolva quelle mancanze. No. Non lo è. Sembra più difficile trovarlo da sé, ma alla fine se fai due righe di conti è facile vedere che non lo è. Fa solo più paura perché il fallimento sarebbe imputabile tutto a te, ma lo sarebbe comunque. Il fallimento è contemplato, quasi necessario.