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Panissa

Da Vercelli con furore, ma un po’ da tutto il Piemonte, ecco la ricetta per la panissa, riassumibile in risotto con salsiccia, ma chi la conosce sa che è ben altro!
E’ una ricetta … maschile, quindi come ogni cosa maschile è improvvisata, approssimativa, senza fondamento … ma con ottimi risultati

INGREDIENTI (per due persone)

20 cm di salsiccia
3 tazzine di riso
Brodo di carne
Un quarto di cipolla
Vino rosso
Rosmarino
150gr. di fagioli precotti
Burro
Olio
Sale

PREPARAZIONE

Soffriggere la cipolla affettata con 2 cucchiai di olio, aggiungere la salsiccia sbriciolata ed il rosmarino.
Far sfumare con un po’ di vino rosso. Una volta asciugato il vino, aggiungere il riso e lasciarlo imbiondire con il soffritto.
Aggiungere i fagioli ed il brodo di carne (che avete scaldato a parte; se non state usando un dado ma del brodo fatto in casa dovrete salarlo), lasciandolo asciugare e aggiungendolo continuamente. A metà cottura, aggiungere mezzo bicchiere di vino ed un pezzetto di burro.
La cottura del riso sarà di circa 15 minuti, dopo i quali lasciare asciugare e attaccare leggermente alla padella.

A metà cottura abbiamo aggiunto un paio di cucchiaini di concentrato di pomodoro per insaporire un po’, ma non sono sicura ci siano nella vera panissa

Pesto

Questo weekend era Pasqua e avevo un sacco di tempo da occupare perché jd lavorava, allora ho pensato che tanto per far qualcosa potevo  rimpinguare il freezer con qualcosa di pronto da usare. Così ho preparato pesto e sugo di noci, lui qualche giorno fa ha fatto il ragù – ovviamente seguendo la mia ricetta, e ora dovremmo essere a posto per il prossimo anno
Noi amiamo la cucina ligure, io soprattutto associo l’odore del basilico e dell’aglio schiacciati alla mia infanzia, quando mia zia lo preparava facendomi ridere parlando in un dialetto davvero incomprensibile. Fare il pesto è una cosa semplicissima, non c’è bisogno d’essere mai nemmeno stati a genova, ma apprezzarlo è più complesso. Ormai per pesto si intende quella poltiglia che vendono nei barattolini pronti, spesso secca o molto liquida, con tantissimo aglio. In realtà l’aglio a quanto ne so io è del tutto facoltativo – serviva un tempo per la conservazione, ma ora abbiamo la tecnologia quindi se non piace basta non metterlo. Io non lo metto mai quando faccio porzioni piccole, ma in questo caso uno spicchio dei 4 suggeriti l’ho aggiunto, per dargli giusto un’aroma non fastidiosa.
Con queste dosi io ho riempito 7 bicchierini da caffè, che dovrebbero corrispondere a una porzione per due.
Le dosi del pesto dipendono tanto dal momento in cui lo si fa. A seconda del basilico, o del tipo di formaggio, o di come lo si trita cambia tutto, quindi si deve andare a occhio. Dev’essere verde chiaro, ben amalgamato. Devono sentirsi, da crudo, distintamente il formaggio e il basilico, nessuno dei due sapori deve prevalere sull’altro. I pinoli… per la qualità dei pinoli che abbiamo qua, metterne un chilo in più o in meno non fa una gran differenza

INGREDIENTI

  • Basilico, 200gr.
    Ho comprato 300gr di basilico in mazzi al mercato (4€). Se comprate i pacchettini del supermercato vi svenate (2,50€ per 30gr di basilico con i gambi, tra l’altro).
  • Parmigiano, un piatto. (eh, non l’ho pesato)
    Si può aggiungere anche del pecorino sardo o romano (meglio).
  • Pinoli, due cucchiai.
  • Uno spicchio d’aglio.
  • Sale grosso.
  • Olio d’oliva.

PREPARAZIONE
Ora vi serve un mortaio, non ci sono scuse, davvero. All’ikea costa meno di 10€, non è il massimo ma fa il suo mestiere. Se tritate tutto a macchina le foglie di basilico non butteranno fuori l’aroma. Non vi invaderà la casa di un profumo che penserete d’essere a prendere il sole in un campo.
Si lavano bene le foglie, si tolgono bene i gambi, si asciugano accuratamente. Intanto nel mortaio si inizia a pestare aglio e sale grosso. Poi man mano, finché ci stanno, si aggiungono le foglie. Si deve creare qualcosa di molto simile a una crema ed il movimento da dare al pestello è circolare. Siccome le dosi sono tante e tutto non ci stava nel mortaio (e mi stava cadendo il braccio per terra) ne ho pestato metà in questo modo e ho usato il tritatutto per l’altra, un buon compromesso. Poi si aggiungono il formaggio e i pinoli, pestati anche loro. Ho trasferito tutto in una terrina capiente e ho continuato lì con il pestello. Poi si aggiunge l’olio, un cucchiaio alla volta, finché la consistenza è quella giusta: non liquido, ma nemmeno a pezzetti, una crema appunto. Se lo si mette via per qualche giorno, una volta messo nel barattolo andrebbe ricoperto con un sottile strato d’olio ancora. Messo in freezer invece si aggiunge un po’ d’olio quando lo si scongela, di volta in volta

Pappardelle al Ragù di Cinghiale

Devo anticipare che nonostante le mie origini piemontesi (per farvi capire: un giorno ho trovato un cellulare, l’ho restituito, e come ringraziamento m’han dato un fagiano – con tutte le piume ancora) e tutto il parentame famigliare sia dedito alla caccia, a me la selvaggina non piace. Per i miei gusti sa troppo di selvatico, ma io mangio a malapena il vitello, non faccio molto testo.
Fattostà che l’ultima paranoia di jd era il ragù di cinghiale, ne parlava ogni giorno (nemmeno fosse stato un paio di scarpe!) e abbiamo dovuto porvi rimedio. Quindi ecco qua, la ricetta della prima volta – magari verrà perfezionata in futuro, ma direi anche no, che ci accontentiamo anche del solito caro vecchio ragù.

INGREDIENTI

  • Carne di cinghiale (ma va?)
    Noi l’abbiamo comprata congelata, alla coop. E l’abbiamo trovata solo in Piemonte, io non ci avevo mai nemmeno fatto caso che vendessero la selvaggina congelata.
  • Cipolle
  • Vino rosso
  • Passata di pomodoro
  • Spezie, soprattutto alloro
  • Acqua calda
  • Pappardelle

PREPARAZIONE

Il giorno prima di procedere, il parentame mi ha fornito tutta una serie di consigli su come si cucina la selvaggina:
– Va tenuta due ore dentro un contenitore sotto un filo d’acqua fredda corrente, così com’è: cruda.
– Va tagliata e poi messa in una pentola, come per farla rosolare. Appena butta fuori il liquido/grasso/non fatemici pensare, va scolata. Questo procedimento fa fatto almeno 4 volte.
Tutto questo serve per far andare via gran parte del selvatico, che renderebbe la carne praticamente immangiabile.
Avendo noi comprato quella surgelata, abbiamo saltato tutto il processo allegramente (per la faccenda del liquidi abbiamo provato, ma non è venuto fuori nulla).
E niente, si fa come se fosse un ragù. Praticamente stesse dosi (meno pomodoro, per esaltare un po’ più la carne), si fa soffriggere la cipolla (con a scelta sedano e carote che a me non è permesso aggiungere), si fa rosolare la carne, si sfuma con il vino rosso e quando è asciutta si aggiunge la passata di pomodoro (o la polpa, o i pelati, come si preferisce). Jd ha fatto cuocere il tutto 7 ore, dopodiché non ha più voluto sentir pronunciare cinghiale per una settimana.

Le pappardelle si comprano (la pasta fatta in casa è uno step per cui non sono ancora pronta), si buttano in abbondante acqua bollente salata – ma andiamo, sapete tutti come si fa la pasta. Si aggiunge il ragù. Si mangia

(appena possibile, cioè quando le rifaremo – che tanto abbiamo congelato 4 barattolini – arrivano le foto :D)