della vita

E sono cose che capitano così. Il giorno prima sei uno degli ex subcolleghi che ha reso più felice l’ultimo anno in quello che era diventato un’incubo di lavoro, che non fuma, non beve, non si droga, gioca a calcetto una volta a settimana. Il giorno dopo diventi l’ex collega di cui chiedi novità a una rete di collegamenti per sapere se sei uscito dal coma, se ci sono danni, parlando di come da un giorno all’altro possa capitare un’emorragia cerebrale. A chiunque. E il resto, le preoccupazioni quotidiane, le bollette, il lavoro, sembra tutto improvvisamente così poco importante.

3 commenti

  • efraim ha detto:

    Vero. Infatti, per me, il resto è sempre tutto così irrilevante – mi oppongo all’ingiustizia nel mondo, ma di mio tendo a essere il tipo che a chi gli vuole rubare qualcosa la regala volentieri – per questo ho sempre badato al succo di quel che c’è ora per me e poi non ci sarà più se non di riflesso per gli altri.
    Anche questo atteggiamento ha i suoi grandi lati negativi (ti aliena dagli altri anche se risulti tendenzialmente uno un po’ pazzo ma di quelli talvolta simpatici e mai pericolosi, anzi, cui rivolgersi in caso di, ma preclude anche ogni possibilità di carriera competitiva, quasi quasi anche di entrarci, in una carriera qualunque, e così via)…
    Per me gli atteggiamenti nei confronti della vita sono come modi di stare in equilibrio e cercare di non far cadere alcune delle infinite circostanze reali e possibili: abbiamo due braccia e due gambe e non possiamo afferrare tutto. Bisogna provare a concentrarci su ciò che conta di più per ciascuno, finché si resta in equilibrio e non si casca anche noi.

    Scusa l’OT, sono partito per la tangente. Lascio lo stesso, sperando di non suonare petulante di fronte al dolore per il tuo ex collega, che rispetto e verso cui, seppur senza conoscerlo, sono solidale.

  • anija ha detto:

    Fiugrati, sono andata OT io stessa con i pensieri, visto da dove sono partita ed a quali egoisticamente sono arrivata.
    Verissimo il non poter afferrare tutto, verissimo il doversi concentrare su ciò che conta. Anche io vivo con questa filosofia.
    Però alle volte arrivano certi scossoni a far chiedere se poi si è scelto davvero bene le cose su cui abbiamo deciso di concentrarsi. Come facciamo a sapere che sono quelle davvero importanti?

  • efraim ha detto:

    Ognuno si dà le sue risposte in base ai suoi valori e ai suoi metodi. La mia, anche se è da contorcersi, è molto semplice: le cose davvero importanti sono quelle per cui sono certamente disposto a morire e, fra queste, valgono di più la pena quelle che più pena tolgono o contrastano (per me in generale, non solo a me, perché mi trovo più a mio agio ponendo il senso della mia vita non all’interno della mia insignificanza, ma nei sensi più che svariati, esponenziali, profondi dell’umanità e della vita).

    Naturalmente dipende da quello per cui si è disposti a morire: c’è chi lo farebbe volentieri per la patria o per il “capo”, per dire, chi per possedere un conto in banca o un’opera d’arte e così via… Ma se ci pensi, è tautologico: il valore di una vita non dipende da quello che raggiunge o che ne so; il valore di una vita è l’insieme dei valori che essa vive.

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