delle notti che arrivano presto sulle tabelle di marcia

Da quant’è che non compro una di quelle cose alla quattro salti in padella? Prima sapevo marche e nomi a memoria. Ora, l’ultimo triste pacchetto di risotto pronto in tre minuti è lì, credo, dall’ultimo trasloco. Mi dicevano, e io pensavo: ma sì, è solo per i primi tempi, poi arriverà la voglia di cucinare. E invece no. Ho abbandonato queste cose perché non ho nemmeno più voglia di accendere il microonde e sporcare un piatto e una forchetta; compro sempre solo latte, e la stessa marca di biscotti. Da un anno. Una volta ogni due settimane, ordino cinese. Una volta al mese, provo qualche esperimento culinario. Il resto, è latte e biscotti, se ho fame. Il weekend, chiedo ai miei di cucinare carne, perché ho imparato che non mangiare carne una volta la settimana mi fa svenire più facilmente. Eppure io amo cucinare; e pare sia anche brava, a detta di tanti. Quando devo cucinare per qualcuno – senza necessariamente sia l’uno, bastano anche solo gli amici – lo faccio volentieri e mi rilassa e mi rende felice. Ma da sola, proprio no. E allora, non è un’ingiustizia mostruosa? Possibile non ci sia nessuna buona forchetta lì fuori che non vede come sia tragico tutto questo spreco di talento?!

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