del rapporto tra donne e motori

L’altra sera ero a Milano. Dovevo tornare a casa e avevo il fido navigatore nella borsa, piuttosto tranquilla, ma un po’ innervosita dal fatto che la macchina era stata tutto il giorno in divieto di sosta e avevo, come dire, il timore di non trovarla, cosa che mi ha fatto credere di non vederla davvero quando ci siamo davanti e quindi di passare tipo 5 minuti di panico assoluto. Anyway – salgo in macchina, prendo il navigatore e il suo carica batterie, inserisco nella presa dell’accendisigari, sento un tac e partono – leggi: si fulminano – la radio, l’orologio e la luce interna della macchina. Ovviamente, nella mia testa è più logica e razionale la pietra filosofale di un’autovettura, quindi ero iperconvinta che non si sarebbe più accesa una volta spenta, perché ho come il sentore che serva un impulso elettrico per farla partire – il che credo sia vero davvero, ma forse non è lo stesso circuito ma, dopotutto, cosa diavolo è un circuito? Mi ero anche rassegnata all’idea di dormire in macchina spersa in qualche assurda via di questa stupida città rotonda. Vabeh. La macchina è ora dal meccanico, a Biella. Stamattina alle 6:15 mi sono svegliata per prendere il treno dalla Real Magione e venire a Milano, stasera tornerò giù – altre due ore di treno – e poi su in macchina – con la nebbia che c’è si prevedono tre ore di viaggio a essere ottimisti. Però, il tutto, non lo faccio da sola. E quindi non vedo l’ora sia stasera

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