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Questa cosa è talmente grande che io non so, non ne posso parlare, ma il pensiero di non parlarne con nessuno mi sconvolge forse, se possibile, più del fatto stesso. La prima cosa di cui ho sentito il bisogno, io, dopo quello impellente di svenire, è stata di chiamare, andare da qualcuno, qualsiasi, qualcuno con una decina almeno d’anni più di me e passare a lui la pietra – non mia – della responsabilità anche solo per dieci minuti ed essere rassicurata ed essere calmata ed essere ascoltata invece di essere io quella che. Però. Non ne posso parlare, nessuno ascolterebbe senza poi conseguenze; nessuno di mia conoscenza, perlomeno. Sembra che l’unica persona di cui ci si possa fidare a parlarne sia un avvocato, che magra consolazione. Ascolterà e consiglierà, ma sono sicura che non conforterà.
Era la quiete prima della tempesta. E mai ho pensato all’eventualità di un cambio di prospettive per il futuro così drastico, per me e per *lui*. E io ho bisogno di sparire per un po’, finché non si sarà in qualche modo assestato tutto. Certo, non risolto. Non si può risolvere proprio nulla.

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