contatto fisico non richiesto

Ho iniziato la giornata sorridendo per un vecchio incontro e per una ragazza che rideva in stazione mentre le passavo accanto; una di quelle risate belle, sincere, che ti fanno stare bene. Ho socializzato anche con un paio di sciure (mi approprio delle diciture anche io, ora!) e qualche uomo d’affari che per quanto rigido nella metropolitana delle nove di mattina dopo qualche minuto si scioglie un po’, in tutti i sensi. Sono arrivata sorridendo in ufficio per un gesto gentile di uno sconosciuto che mi ha dato il giornale che volevo e a cui non arrivavo e per i sorrisi delle persone per strada. Ho pensato che forse sì, forse era il giorno buono per migliorare.
Poi ho scoperto che avevo lasciato a casa la chiavetta per il caffè.
Ma senza perdermi d’animo ho proseguito con la mia insana serenità che al giovedì mattina proprio non si spiega. Poi una persona mi ha toccato. Il braccio. E no. No, no, non sono ancora pronta, per questo mondo, per tutta questa gente, per tutte queste facce rotonde e questi sorrisi falsi e questi modi di fare e di essere e questi modi di parlare che non capisco e che mi irritano o schifano o lasciando perplessa o deludono.

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