e ti vengo a cercare

« dovrei cambiare l’oggetto dei miei desideri, non accontentarmi di piccole gioie quotidiane; fare come un eremita che rinuncia a sé. »

Noi anije, se sospese, non stiamo bene; quindi capita che mentre stendo il bucato sul balcone, immersa in ammorbidenti fragranze, cosa che solitamente faccio con allegria – forse per l’eccezionalità dell’evento – mentre canticchio una delle tante canzoni che non amo particolarmente, mi piace e basta, ma mio malgrado conosco a memoria – come se fosse simpatico imparare a memoria qualunque canzone ascoltata più di tre volte ma non ricordarsi niente del giorno prima – capita che annusando l’aria l’umore precipiti dal secondo piano e poi giù, fino all’inferno; e probabilmente anche oltre, in luoghi bui di cui non si conosce il nome.
Esistono ancora i ristoranti cinesi dove mangi abbondantemente per 8 euro, e in queste occasioni è una cosa di cui esser felici. Soprattutto se ci si arriva alle dieci di sera e ancora danno da mangiare allegramente, dopo aver lavorato 9 ore e aver passato il resto della giornata a riordinare per poter stirare oggi pomeriggio e questa sera; mr. cumulo ieri l’ho beccato mentre cercava di uscire dalla finestra per andare a richiedere l’emancipazione in quanto indipendente. E forse è proprio per questo assurdo progetto di usare quel marchingegno infernale che toglie le pieghe con un po’ di calore e tanta fatica, che oggi il tempo è atrocemente brutto e freddo da far paura – con le cime delle montagne innevate, proprio a distanza di due giorni dalla *sua* frase « che belle, le montagne, senza un filo di neve » mentre percorrevamo il ponte del mio panorama preferito. Stasera passerò anche dall’estetista – per la prima volta in vita mia – perché io non ho tempo ne voglia di prendermi cura del mio aspetto quindi è giusto e doveroso pagare perché lo faccia qualcun altro.

« questo secolo ormai alla fine, saturo di parassiti senza dignità, mi spinge solo ad essere migliore con più volontà. »

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